La preistoria
Tra Settecento e primi dell’Ottocento l’attenzione nei confronti della preistoria è sempre stata piuttosto limitata, anche perché l’interesse degli studiosi era indirizzato ai ritrovamenti legati alla grandiosità di Roma. Solo con il Visconti, nel 1817 si avverte una nuova considerazione per le culture “arcaiche”. Per questo, molti rinvenimenti nel territorio di Velletri, effettuati tra il 1800 e il 1900 non sono stati documentati o addirittura sono andati dispersi.
Solo le scoperte di Le Corti e di Vigna D’Andrea sono stati ricordati in pubblicazioni. In contrada Le Corti, intorno agli anni ’20, venne ritrovata una tomba a grotticella, contenente una sepoltura eneolitica. All’interno fu trovato un gruppo di pugnali in selce lavorata (n. 3). Infatti, un elemento che caratterizza questa facies è l’uso diffuso di sepolture in “grotticella artificiale”, cioè camere sotteranee riutilizzate per seppellire membri della stessa famiglia, riconoscendo così il significato del legame di parentela rispetto alla comunità nel suo insieme e, soprattutto, della linea di discendenza.
La tomba ad incinerazione di Vigna D’Andrea è stata scoperta per caso nel 1891, così come molti altri ritrovamenti del comprensorio castellano, durante lavori di impianto per un vigneto. Si tratta di una sepoltura ad incinerazione riferibile al X sec. a.C., conservata in un’urna a forma di capanna, con un corredo costituito da numerosi vasi miniaturizzati, che simboleggiavano gli arredi necessari al simposio, o al banchetto funebre. L’urna era stata deposta in un pozzetto, scavato nel terreno, rivestito di pietre e chiuso con una lastra (n. 4). La festa collegata al rito funebre, ricordata simbolicamente attraverso i vasi del corredo, comportava preparativi complessi ed onerosi.
E’ noto che i gruppi che componevano le società arcaiche si legavano, mediante le nuore e i generi, i figli nati nelle due linee, uterina e maschile, i nipoti e i cugini allevati gli uni presso gli altri; mediante i servizi militari, le iniziazioni, le intronizzazioni e i banchetti relativi; mediante le morti, i banchetti funebri e le successioni, gli usufrutti e il contraccambio di doni che ne conseguiva, in un incessante circulus di beni e persone mescolati, di servigi permanenti e temporanei, onori e feste, dati e ricambiati. Tuttavia, sebbene lo scopo di questo circulus fosse prima di tutto morale, ovvero produrre un sentimento di amicizia tra due persone, famiglie o comunità, il meccanismo delle prestazioni e contro-prestazioni ha sempre avuto un carattere di manifesta competitività.
La città arcaica
Le testimonianze archeologiche e storiche riguardanti la fase arcaica di Velletri sono esigue, tuttavia la documentazione rimasta è di eccezionale interesse. Gli studi moderni affermano che la fase urbana dell’antica Velitrae risale alla fine del VII secolo a.C., o all’inizio del successivo. I materiali ceramici che attestano questa datazione sono stati rinvenuti nell’area del cosiddetto tempio delle Stimmate (n. 14 in bacheca), all’estremità sud-occiden-tale del colle dove è situata l’arx della città antica. L’area era frequentata sin dalla II fase del ferro laziale (IX sec. a.C.), e forse su questo sperone del colle sorgevano delle abitazioni. Tuttavia, probabilmente nel VII sec. a.C., la zona fu destinata a luogo di culto, come sembra dimostrare il ritrovamento di materiali votivi.
In età alto-arcaica il sito era utilizzato per scopi cultuali; in seguito, intorno al 530 a.C., fu costruito un edificio templare decorato con terrecotte figurate, note anche come ‘lastre volsche’. I primi ritrovamenti di queste lastre risalgono al 1784 e la scoperta ispirò la riproduzione, mediante incisione in edizioni di pregio, delle preziose terrecotte. Le lastre furono acquisite, per la sua collezione, dal cardinale Stefano Borgia che promosse una pubblicazione con otto incisioni acquarellate di Marco Carloni (n. 5-11; n. 15 in bacheca). Soltanto nel 1910 si intraprese lo scavo sistematico dell’area, e di nuovo nel 1989.
Le indagini hanno portato alla luce i resti di un tempio di cui sono state individuate tre fasi. Il primo edificio (VII-VI a.C.) era costituito da una cella con pronao ed era delimitato da un recinto sacro. Nella seconda fase, nel 530 a.C., fu costruito un tempio tuscanico ad alae, la cui decorazione fittile di stile ionico è simile a quella dei templi dell’area sacra di Sant’Omobono a Roma e di Apollo a Veio. Infine, all’inizio del V sec. a.C., ci fu il rinnovamento della decorazione architettonica dell’edificio. Forse dal sito delle Stimmate proviene anche la famosa ‘lamina volsca’, un’iscrizione bronzea di IV sec. a.C. (n. 16 in bacheca), di grande valore per la conoscenza della lingua volsca.
La città romana
Velletri fu per molti anni oggetto di contesa tra Romani e Volsci per la sua posizione di contro del corridoio naturale che conduceva dall’entroterra al mare. La città, che aveva più volte sostenuto i Volsci, venne conquistata definitivamente dai Romani nel 338 a.C. e fu punita duramente per la sua infedeltà: l’aristocrazia locale venne esiliata ed i suoi beni assegnati a coloni romani, le mura furono demolite. Da quel momento Velletri condusse una vita tranquilla, unici eventi di particolare rilievo furono la costruzione della via Appia nel 312 a.C. e, a livello istituzionale, l’insediamento di un nuovo corpo di coloni in epoca dei Gracchi e di una colonia militare al tempo dell’imperatore Claudio.
La gens Octavia, di origine veliterna, diede grande lustro alla città. Lo storico Svetonio racconta che ai suoi tempi si mostrava a Velletri la villa degli Ottavi, dove l’imperatore Augusto aveva trascorso la sua infanzia. Velletri fu per tutta l’epoca romana un centro fiorente, con una buona produzione agricola ed in particolare vinicola, posto al centro di una fitta rete di arterie stradali che rendeva agevoli i commerci sia con la capitale che con le città campane e con i porti di Anzio ed Astura.
Non sono più visibili i monumenti e le strutture dell’antica città romana. Questa occupava l’area compresa tra le vie Andrea Velletrano e dei Lauri a nord e porta Napoletana a sud. Il foro antico può probabilmente essere ubicato nella zona compresa tra Piazza Caduti sul Lavoro e la cattedrale di S. Clemente, un’epigrafe ricorda infatti l’esistenza di una basilica. Sui resti di una struttura romana (forse un podio) che si affacciava sulla piazza sorse nel XVI sec. il cosiddetto Teatro della Passione.
Accanto al foro, tra la via di S. Crispino e la via di S. Francesco, sorgeva forse l’anfiteatro, il cui restauro è ricordato in un’iscrizione del IV sec d.C. trovata in questa zona; anche la forma curvilinea degli isolati lungo via di S. Francesco e la presenza di strutture inglobate in edifici moderni sembrano confermare questa ipotesi. Infine è nota la posizione di almeno almeno tre templi, ma solo di tre è nota la posizione: uno era presso la Piazza del Comune, un altro nell’area al foro, in prossimità della cattedrale di S. Clemente (n. 20-21) ed un terzo sull’altura della chiesa della SS. Stimmate.